Lodi, 1990. Alla sera arrivo a casa dall’ufficio con le narici bruciate. Il lavoro stressa, impegna rende nervosi, lo me la cavo frastagliandomi le unghie delle dita di una mano con le unghie delle dita dell’altra. Il mio vicino e il vicino del. mio vicino, fumando come turchi. Non so se si rovinano le unghie anche loro, ma so per esperienza diretta e per osservazione sugli altri, che i ‘tic’ non viaggiano mai da soli.
L’altro mio difetto infatti è di non sopportare il fumo di tabacco di sigaretta, peggio ancora se di pipa, disperante poi se accompagnato da puzza di sigaro toscano: Purtroppo, anche se ci riesco maldestramente, devo far buon viso a cattiva sorte nei locali; dove non c’è a difendermi un po’ il cartello “Vietato Fumare”
Ogni volta che sento la tipica grattata sulla pietra focaia dell’accendino marocchino e vedo le mani vicino al viso del mio vicino a cui segue la prima voluta di fumo che viene immancabilmente dalla mia parte, è una coltellata al cuore e mi viene da soffocare.
“Fumando ti avveleni e avveleni anche il tuo vicino” dice pressappoco così uno slogan della campagna antifumo.
“E poi viene impregnato di tabacco ogni vestito che porti, la biancheria del letto, la casa intera” aggiunsi un giorno, poco accortamente, ad una conoscente che sul pullman dei pendolari che ci porta al lavoro, tossiva di polmoni e aveva la tipica voce grave dei fumatori all’ultimo stadio. “È meglio che puzzare di merda!” mi raffreddò subito. Fu così che passai dalla parte del torto, perché non fumavo. Mi accadde altre volte, dimentico purtroppo ogni volta della risposta ricevuta che mi ero andata a cercare la volta precedente. Ne passo in rassegna le tre più recenti.
In una sala d’aspetto della Mutua di Lodi, l’attesa impallidisce il divieto di fiumare scritto sopra un cartello. Un signore non riesce ad attendere, non di essere visitato, ma di fumare. Ed accende una sigaretta cercando d’ingoiare tutto. il fimo che può,
cosciente forse del disturbo che dà. Altri lo guardano e guardano il cartello. Solo io glielo faccio notare. “Non è colpa mia se
fumo!” mi risponde mostrandomi la sigaretta fra Je dita. “Ma perché le vendono? Smetterò quando non le troverò più dal
tabaccaio! I divieti si devono fare interi e non a metà!”. Poco dopo anche un secondo signore fumava e ho dovuto uscire i0 nel
corridoio.
Sala d’incontro sindacale, tra vertici e base, a Roma. Naturalmente faccio parte della base. Alla parete, di schiena ai relatori, il cartello del: divieto, scritto anche in inglese “No smoking”. Entrano i relatori e tra le operazioni preliminari per trovare il giusto assestamento per parlare, uno di loro accende una sigaretta, quelle lunghe color sigaro che forse fanno tanto
“Scusi, c’è divieto! Siamo in tanti e se dà l’esempio lei, poi anche altri si mettono a fumare!”
Democraticamente, il “vortice” che fuma chiede alla base se a qualcuno da fastidio. No, ci sono solo io. Allora si alza, prende il cartello alla parete e lo capovolge. “Adesso potete fumare anche voi, se qualcuno lo desidera. Siamo tra amici. Se proprio avremo bisogno d’aria, apriremo la finestra”.
Sorrisi all’accondiscendenza della “base” e mi viene in mente la battuta che si sente in ufficio da chi è più diplomatico “Il tabacco del capo non puzza mai, profuma!” oppure la variante che l’arricchisce “Il fumo del capo non soffoca, ossigena!”
Passeggio per Corso Roma a Lodi. La città è pulita, non c’è carta fuori dai cestini, non ci sono segni del passaggio di cani da schivare e non ci sono sputi che occorrono tre giorni per asciugare. Guardo meglio. Incastrata tra i quadrelli che lastricano il Corso, una rete ininterrotta di cicche di sigarette.
“Per forza non ci sono i posacenere sempre a portata di mano!” mi risponde scherzando un ragazzo dell’età di mia figlia. Si giustifica “Per non sporcare in casa, almeno mi sfogo qui!”
E se ne va con una ragazza che fuma anche lei. SI tengono per mano e tra le dita già gialle per il fumo di quelle libere, l’immancabile sigaretta. Sentivo l’odore della stazione del treno, stando loro vicino. E ricordo uno dei più grandi doni cercati e ricevuti da “la vita è una commedia”.
Mi sono innamorato della donna che ho spostato perché non fumava.